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I dipinti sui palazzi del centro storico di Chiavenna raccontano il gusto e lo stile di una città elegante, la cui nobiltà si esprimeva anche attraverso gli splendidi affreschi riemersi in questi anni.
testo di Guido Scaramellini
Che il centro storico di Chiavenna sia il meglio conservato in provincia di Sondrio non è un’opinione. Bruciato in parte dai vicini grigioni nel 1486 durante una loro irruzione di assaggio, il giovane Stato riuscirà a conquistare il borgo con la sua valle nel 1512 e ne promuoverà la ricostruzione rinascimentale. Tipici e numerosi sono i portali in pietra ollare con arco a tutto sesto o ad architrave, caratterizzati da maschere apotropaiche (figure mostruose per allontanare gli spiriti maligni) e da stemmi, spesso abrasi a fine ’700 in nome della “égalité” dai Cisalpini, subentrati ai Grigioni. Ma a distinguerli sono le scritte incise a tema religioso o morale, in latino o in italiano, con relative date: dal 1517, la più antica, fino al secondo decennio del ’600, con qualche incursione nel secolo successivo. Un’usanza presente anche nella vicina Bregaglia, oggi elvetica. Insieme in facciata erano dipinte figure religiose, quasi tutte scomparse, ma negli ultimi decenni, grazie a una normativa comunale che rende obbligatorio il saggio preventivo alle pareti da restaurare, in due casi si è potuta recuperare la decorazione originaria cinquecentesca, che era stata completamente scialbata.
Via Dolzino n. 57
Il primo caso, lungo la via Dolzino ai numeri 55-57, risale al 1999-2000 e riguarda una facciata interamente decorata, tranne al pianterreno: dipinti monocromi, raffiguranti i re Enrico III ed Enrico IV di Francia, voluti nel 1591, come si legge sotto la figura del primo re, essendosi distinti entrambi i regnanti nel proteggere gli ugonotti, come furono chiamati i calvinisti francesi. La scelta è motivata dal fatto che il committente fu un proprietario di confessione protestante della famiglia Stampa, alla quale apparteneva anche la casa a destra, contrassegnata dalla data 1588 e dallo stemma familiare, affiancato da quello della moglie, una Camogli di Piuro. Dopo la fascia sottostante di scene a soggetto bucolico, in due riquadri simmetrici sono rappresentati gli episodi biblici, in cui due donne salvarono il loro popolo ebraico: Giuditta che neutralizzò l’assedio assiro, uccidendo con l’inganno il generale Oloferne, la cui testa è nella sacca sorretta dall’ancella sulla destra ed Ester che con la preghiera dissuase il marito Assuero (il re Serse) dallo sterminare gli ebrei. Il portale in pietra ollare a pianterreno reca il nome di Andrea Cortino Gaudenzetti, divenuto proprietario della casa nel 1664. Allo stemma di questa famiglia si riferisce il sole scolpito al centro. Le due pareti di case nel cuore di Chiavenna costituiscono le uniche testimonianze di affreschi cinquecenteschi nel centro storico, di notevole valore anche artistico e paesaggistico, ai quali se ne potranno aggiungere altri, come già emerge da saggi effettuati alle case Lumaga (nn. 87 e 89) e Stampa (nn. 60 e 62) sulla stessa “Paart de mèz”. Con la parete “protestante”, prima accennata, questa costituisce la seconda testimonianza di affresco cinquecentesco nel centro storico, di notevole valore storico-artistico, oltre che paesaggistico. Vale la pena osservare con attenzione queste straordinarie decorazioni, che riflettono il gusto e la sensibilità delle famiglie più ricche della città, in una fase storica importante di Chiavenna.
Piazza Pestalozzi n. 1 e 2
La seconda scoperta, più recente, riguarda una facciata al Cantón (piazza Pestalozzi ai numeri 1 e 2). Sui tre piani sopra quello terreno è venuta alla luce nel 2022 una serie di affreschi. Tra due piani con motivi decorativi monocromi a prisma di diamante, alternati ad altri a cerchio con quattro cerchi minori agli angoli, sono affiorate tre scene ispirate all’Annunciazione. A sinistra l’angelo Gabriele con il consueto giglio, su un pavimento a scacchi bianco e nero, in un ambiente coperto da volte, annuncia la nascita di Gesù alla Madonna, inginocchiata all’altra estremità, le mani incrociate sul petto, davanti a un leggio, in un portico con muri a mattoni rossi e colonne a capitelli corinzi. Al centro la figura di Dio Padre ha la destra rivolta verso la Madonna, in una nube da cui si dipartono i raggi verso il mondo, rappresentato dal sottostante paesaggio, con case e un prato a tre terrazzi, tra i quali scende un ruscello. Tutto propende per una datazione dei dipinti al ’500. Anche il portale in pietra ollare di accesso dalla laterale via suor Maria Laura Mainetti, in pietra ollare, reca al centro dell’arco la data 1598. |
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