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Santo Sepolcro e Catafalco della Chiesa di San Bartolomeo

Tra i vari apparati esteriori con cui si caratterizzava la religiosità popolare barocca (quella sorta nel sec. XVII dopo il Concilio di Trento, intrisa di forte emozionalità e legata a fastose esteriorità, durata praticamente, passando attraverso le riforme settecentesche, fino al Concilio Vaticano II) hanno un posto di rilievo il Santo Sepolcro ed il Catafalco del Cristo morto.
Sia l´uno che l´altro erano elementi propri del Triduo Pasquale, precisamente del giovedì e venerdì della Settimana Santa.
Il Santo Sepolcro, che la Confraternita del Santissimo Sacramento o dei “rossi” allestiva nella cappella del Crocifisso nella collegiata di San Lorenzo, il giovedì santo, per collocarvi l´Eucarestia dopo la Messa della cena del Signore, è ora rimontato nel presbiterio della chiesa di San Bartolomeo accanto al Catafalco.
Si accede al così detto “sepolcro” (ossia l´urna dove venivano collocate le sacre specie) mediante una scala che si restringe e porta ad un piano scandito da cinque “quinte”, dette anche “portoni”, ricoperte in tela dipinta, che a loro volta si restringono abbassandosi conferendo all´insieme un suggestivo effetto prospettico. Le quinte ed i loro raccordi in alto sono decorate da angeli con i simboli della Passione, il sacrificio di Isacco, la deposizione dalla croce e una gloria di putti alati. Sopra il tabernacolo, o sepolcro, gira un cilindro ricoperto di carta sulla quale sono dipinti, con mano sapiente, i misteri dolorosi.
L´opera nel suo insieme è stata probabilmente ideata nel Seicento, ma ha subito successivi rifacimenti e modifiche a causa dell´usura cui era sottoposta.
Lavori da falegname furono eseguiti nel 1734 da mastri ticinesi e locali, mentre i “portoni” vennero decorati da Lazzaro Cetti che eseguì pure i misteri della Passione, forse quelli del citato cilindro interno. Un pittore tedesco, certo Moler, dieci anni dopo le ridipingeva e lo stesso facevano i fratelli Reinek sul finire del secolo.
Curioso è l´inserimento sulle quinte, a mo´ di contorno, di una serie di lampade ad olio, acquistate a  Milano, costituite da grosse bocce di vetro multicolore, per noi al limite del cattivo gusto, ma già presenti nel Settecento come risulta nei rendiconti della Confraternita. 
Ne deriva un effetto d´insieme ben lontano da quello di un sepolcro, ma, come si è detto, per la religiosità barocca l´importante era meravigliare  e creare emozioni. 
E indubbiamente l´intento è pienamente riuscito in questa complessa macchina scenografica che, da quasi cinquant´anni giaceva inutilizzata nei magazzini della Parrocchia perchè non più aderente alla sensibilità religiosa moderna e anche superata dalla riforma liturgica introdotta dal Concilio Vaticano II.
Accanto al Santo Sepolcro si trova un´altra grandiosa architettura barocca che è il Catafalco per il venerdì santo. 
Quello attuale, che sostituì un altro più antico, risale al 1738 quando, per iniziativa della Confraternita della Buona Morte o dei “neri”, una nuova struttura, per l´esposizione della bara del Cristo morto al venerdì santo, fu commissionata, per 55 filippi, ai falegnami Bartolomeo Del Bondio del luogo e Francesco Guglielmetti di Mendrisio.
Il legno di pino e cirmolo, preso nei boschi della Val Bregaglia tra Savogno e Coltura, fu dipinto e dorato da Giovan Antonio Felicetti di Soizza, sempre in Ticino, mentre nel 1744 eseguiva i venti angeli in legno Andrea Albiolo di Bellagio, fine intagliatore che, come il padre Giovanni, ha lasciato notevoli lavori in altre chiese della Valchiavenna.

 


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