Chi frequenta abitualmente Campodolcino ha avuto modo di apprezzare Portarezza per le sue attrazioni naturali, ma anche per quel particolare sense of humour che distingue molte delle espressioni dialettali locali.
Testo e foto a cura di Irene della Morte
In particolar modo a Portarezza, il minuto agglomerato borghigiano alle porte del paese, spalleggiato dalla montagna, appollaiato tra pascoli, sentieri e pietre, attrae i visitatori per “piaceri” di ordine storico, paesaggistico e culturale, ma anche per le cosiddette “Allegrezze di Portarezza”, colorite invettive per ogni occasione da cui emerge lo spirito arguto e un po’ granitico del montanaro. Ora arrivano a invocare la morte, ora si limitano ad augurare la malasorte o disagi come in quella che segue.
“Pòs tü vés sü in dal Rondò (oppure: in dal Pis Stée) in dal mées de sginée, cun la camisa bagnéda, na livéra in mén, un canzélot in bòchia, quant al bòfa la bisa.”
Cioè: “possa tu essere sul Passo dello Spluga (o sul Pizzo Stella a 3000 mt s.l.m), nel mese di gennaio, con la camicia fradicia, una leva di ferro in mano, un candelotto di ghiaccio in bocca, quando soffia la gelida bufera”.
ESCURSIONI
Ma non è soltanto per le sue “allegrezze” che Portarezza attira ogni anno moltissimi appassionati. Da qui, infatti, partono moltissime destinazioni. In un paio d’ore ad esempio, si ascende su ripidi pendii verso le baite dell’Alpe Viziola (itinerario C23); più a destra, seguendo la mulattiera che percorre un rado bosco con frequenti svolte, si raggiunge il grande spiazzo con le baite del Servizio (m. 1566), stazione di sosta o partenza, per mete più elevate (Alpe Servizio, Passo del Servizio, Lago del Truzzo ecc.) I meno allenati, in un quarto d’ora possono spingersi fino al “belvedere” dell’Alpe Zanone.
Dal versante sud di Portarezza, sotto le sponde di S. Lorenzo, si intravedono i paesuscoli sottostanti di Cimaganda, (in dialetto Somghienda), Vho (che significa “guado”) e Gallivaggio, dove, appassionati, turisti o pellegrini possono “andar per massi”(Bouldering sassismo), o scoprire la curiosa Scrìbaita (grande roccia lisciata per ricevere un’iscrizione; è incerta la datazione), o visitare il Santuario mariano ricco di arte e devozione, nonché il misterioso tempietto di Vallesegna.
Esclusa dal traffico di valle, Portarezza gode di una quiete invidiabile e, come ampio balcone, offre al turista campodolcinese e al viandante, panorami ideali per ritemprare lo spirito, intimi angoli per una lettura all’ombra di un masso formoso o erbose aree per stendersi al sole tra profumi e torrenti. Apposite aree pic-nic con vista, “vicoli e ponti” a destra e a manca rendono questo borgo un fiabesco territorio da scoprire.
E quel pugno di case, resistito per secoli alle piene de “la Val de Sarvizi”, oltre il quale sorge, al riparo del monte, il grazioso tempietto dedicato a San Gregorio Traumaturgo.
Si racconta che tale santo, un giorno, piantando il suo bastone riuscì a fermare la piena di un fiume che stava rovinando la sua città, motivo per il quale è invocato come protettore dalle intemperie naturali. Un altro suo miracolo narra di un monte miracolosamente spostatosi al suo comando per poter edificare una chiesa.
La nostalgia delle benefiche acque di “Porcaréscia”, (toponimo dialettale) non è andata del tutto perduta ma, sopravvive in quel caratteristico specchio d’acqua artificiale che, d’inverno, pare un giudice laccato, lindo e lucido di mente, ora un bimbo svezzato che sbava e, di notte, canestro d’acciaio per riflettere l’aureola delle stelle. L’indubitabile “pathos” del laghetto s’amplifica nella bella stagione: ecco i raggi del sole “friggere” sulle acque con bagliori intermittenti, il “pescator fischiando” agitare le canne al vento, i merli acquaioli, anatre, cormorani aleggiare tra i tuffi delle trote d’acqua dolce.
I rintocchi del lillipuziano campanile scandiscono le ore; nel periodo della transumanza, i campanacci contano i minuti, alternandosi ai fischi gioviali delle marmotte: vigilanti comari di questo territorio.