Un itinerario con storici locali propone la visita dei luoghi che nel Seicento hanno rappresentato per molte donne l´inferno in terra.
a cura di Paolo Rotticci
La storia di Margherita
La mattina di giovedì 24 maggio 1646 a Piuro viene emessa la sentenza di condanna al bando per Margherita Tognona, accusata di essere una strega. Il tribunale locale laico ha racimolato a fatica indizi che considera “importanti”, ma non è riuscito ad ottenere da lei la piena confessione, neppure dopo due periodi di detenzione e numerose torture. Margherita resiste, non si lascia sopraffare dallo sconforto del carcere, dalle umiliazioni fisiche e psicologiche, dall’assenza e dal disinteresse dei propri familiari, dal freddo e dalla fame. Per questo ha salva la vita. Scortata sino alla Riva, è condotta fuori dal dominio delle Tre Leghe, informando le autorità spagnole dell’ingresso della presunta strega nel loro territorio. Margherita è sola, priva di tutto, segnalata e braccata dalla comunità che la circonda e in cui è cresciuta, da una società che ha portato la superstizione al rango di legge, una legge senza scampo.
Di Margherita non si saprà più nulla. Se lei, donna forte, abbia avuto forse la possibilità di ricrearsi una seconda vita libera, grazie alla sua caparbietà nel dichiararsi innocente, così non fu in quello stesso secolo, per molte altre donne (e pochi uomini) nell’Occidente di cultura europea. Nelle nazioni cattoliche come in quelle protestanti, molti esseri umani furono vittime di processi sommari con confessioni estorte sotto tortura o a seguito di privazioni e maltrattamenti che portavano le accusate alla follia o alla depressione, arrivando a preferire la terribile morte al rogo ad una vita come quella, senza una prospettiva di riabilitazione.
Dramma sociale
Nella stessa Bregaglia, figlie, mogli, madri, furono strappate alla propria vita libera per via di un presunto maleficio, una parola di troppo, di uno sguardo considerato nefasto o più semplicemente, per celate gelosie, invidie o per il desiderio di accaparrarsi i beni materiali sequestrati alla presunta strega. Si tratta, ahimè, di sentimenti e vicende che erano presenti nelle piccole e sospettose comunità locali del tempo e che riaffioravano ancor di più nei periodi di maggiore povertà o ansia diffusa, come durante le carestie e le ondate di peste, individuando nella figura della strega l’origine di quei mali che la scienza moderna agli albori non aveva ancora saputo spiegare.
Un tour per comprendere
L’ambiente culturale, le cause, i nomi e i documenti sui processi alle streghe sono ben descritti nel testo intitolato E le ceneri gettate nell’acqua, in cui l’autore Valerio Giorgetta riprende ed amplia gli studi del padre Giovanni, esaminando il fenomeno nella Bregaglia italiana, corrispondente alla giurisdizione di Piuro del tempo. Partendo da questa base storica, il Consorzio Turistico Valchiavenna propone ai propri ospiti un tour tra natura e cultura che percorre gran parte di quel territorio, lungo i cinque chilometri che separano Santa Croce di Piuro da piazza San Pietro a Chiavenna, unendo i due luoghi pubblici di reclusione e giudizio del tempo, in cui anche le donne accusate di stregoneria furono costrette.
Il percorso Dopo aver raggiunto Santa Croce da Chiavenna con il bus di linea, si possono là ammirare gli spazi esterni della Cà della Giustizia, dove si svolsero i processi di stregoneria a Piuro, il vicino imponente torchio comunitario e la chiesa rotonda della Santa Croce, punti utili a ricostruire la vita e la mentalità delle comunità locali di alcuni secoli or sono. Attraversato il bel ponte cinquecentesco, il percorso raggiunge la chiesa romanica di San Martino ad Aurogo, intervallando camminata a pause con racconti sulle vicende del tempo e raggiungendo la piana di Scilano grazie ad un tratto ben conservato della mulattiera acciottolata vecchia di secoli, la stessa che conduceva le presunte streghe al luogo del carcere e delle torture, spesso l’ultimo luogo aperto che loro ebbero modo di vedere. Il bosco della stria Da Scilano il percorso imbocca la pista ciclopedonale. Il versante più ombreggiato e boscoso è lo spazio ideale per comprendere i racconti sui sabba locali citati negli interrogatori, seguendo quella prassi tutta alpina nella quale il sito dei riti malefici d’un tempo era ben identificato dalle comunità locali, lasciando sino ai nostri giorni la memoria del sasso o del bosco della stria.
Chiavenna Superato un altro splendido spazio rimasto intatto dal Seicento - la chiesa dell’Assunta e il vicino Ospitale a Prosto - si giunge a Chiavenna, terminando la visita alle vecchie carceri di Palazzo Pretorio, tra gli stemmi dipinti dei Commissari Grigioni che presero parte ai giudizi anche per i reati di stregoneria. Il vicino convento delle suore Agostiniane, anch’esso secentesco, proponeva alla donne l’esempio di vita ascetica che stava all’antitesi dell´esistenza lasciva e malefica attribuita alle quelle condotte al rogo. Come talvolta capita, anche in questo caso la storia supera la fantasia nel documentare vicende torbide, intricate, cruente e drammatiche; eventi che hanno caratterizzato il fenomeno della caccia alle streghe dal tardo medioevo sino all’età moderna anche in Valchiavenna, lasciando in questo territorio numerose tracce che l’itinerario proposto svela man mano che si percorrono i luoghi stessi dove le azioni si svolsero.